Arturo Viligiardi (1869-1936)
Sul Calvario, 1894
olio su tela, cm. 134×400
La grande e assai impegnativa tela è realizzata a Roma nei primi mesi del 1894.
Oramai malandato, il pittore esprime il desiderio di donarla alla galleria civica senese e si preoccupa di farne istanza al Comune. Il permesso è accordato e il quadro viene restituito al pittore nel novembre 1935, pochi mesi prima della sua morte (ottobre 1936). Date le difficoltà di esposizione, vuoi per le dimensioni vuoi per il drammatico e certo non facile soggetto, il dipinto è rimasto per decenni conservato presso gli eredi, arrotolato, in una soffitta di Palazzo Bianchi a Siena, già residenza dell’artista. Dopo l’acquisizione da parte della Fondazione Monte dei Paschi di Siena nel 2005 si è provveduto a ricollocare la tela su un opportuno telaio ed è stata dotata di una nuova cornice, dato che l’originale si era perduta. Audace è il taglio della composizione, concepita su una diagonale che attraversa il formato orizzontale della tela (la dimensione di base tre volte maggiore dell’altezza), decisamente insolito. La scena è ridotta all’essenziale con l’estatica figura della Maddalena al centro, distesa, in posizione supina, sul lieve pendio roccioso del monte al quale si approssimano, sembrano quasi alitare, oscure nubi tempestose. Del Cristo, appena spirato, ma che riverbera di luce il volto esangue della donna, si intravedono all’estrema sinistra i piedi striati di sangue, rattrappiti nell’ultimo spasimo, trafitti da un grande chiodo conficcato nel legno della croce. Il sangue del Cristo è colato alla base e macchia di rosso in più punti il suolo grigio antracite. Sul lato opposto la scala che servirà per la deposizione è frettolosamente portata da Giuseppe d’Arimatea: se ne intravede giusto un lembo, inclinato sulla sagoma d’una gamba e di parte della veste che paiono quasi una macchia sfocata, come se nei tempi lunghi di uno scatto fotografico il personaggio, in posa, si fosse improvvisamente mosso. è in realtà questo un espediente per conferire senso dinamico all’immagine. Sotto di lui più nitida, riversa a terra e coperta da un grave manto scuro, si osserva in scorcio un ritaglio della figura della Vergine, del cui volto si percepisce appena la cavità bruna, entro una chiazza chiara triangolare, della bocca spalancata in un urlo lancinante, soffocato, di infinito dolore. Poco più avanti verso il primo piano, esattamente al centro del lato corto di destra, in due brandelli di mani incrociate e compresse sulla calotta cranica, che emergono da una crepa del terreno, è espressa la pena sovrumana del discepolo caro a Gesù, Giovanni Evangelista, testimone diretto dell’eterno avvenimento. Compiuti gli studi presso l’Istituto senese di Belle Arti, uscito anzitempo dalla scuola in cui mai si era visto, in tutto l’Ottocento, un giovane tanto dotato di talento e ingegno versatili, da sbalordire costantemente i suoi professori e bruciare ripetutamente i tempi di apprendimento. È stata acquistata nel 2005 da un collezionista privato.