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Marco Pino (Siena, 1521 – Napoli, 1583)

Cleopatra, 1570 circa
Olio su tavola, cm. 110×195

Il dipinto, acquistato dalla Fondazione Mps nel mercato antiquario nel 2005,  appartiene alla mano di Marco Pino, pittore senese molto attivo alla metà del Cinquecento fra Siena Roma e Napoli essendo allievo diretto di Domenico di Pace detto “il Beccafumi” l’esponente di spicco del manierismo senese. Collaboratore di Perin del Vaga e di Daniele da Volterra l’artista mostra di avere ben appreso le lezioni michelangiolesche e fu un valido rappresentante della controriforma napoletana. La Cleopatra è raffigurata nuda, sdraiata su di uno sfondo di paesaggio su un manto rosso porpora, il busto appoggiato su di un cuscino di broccato, con in bella vista i simboli deposti della sua condizione reale, lo scettro e la corona, mentre viene morsa sul seno dall’aspide che le si è avvolto intorno al braccio; alcuni fichi sparsi sul terreno alludono al paniere di frutti in cui era stata nascosta la serpe. Non è un modo consueto di raffigurare l’antica regina d’Egitto, morta nel suo palazzo, assistita dalle ancelle, secondo il racconto di Plutarco, e delle altre fonti classiche: intento dell’artista non è evidentemente il ‘quadro di storia’ quanto piuttosto quello di creare una immagine dal forte contenuto erotico e una erudita e giocosa variazione sul tema delle sensuali ‘nude con paesaggio’, caratteristiche soprattutto della tradizione veneta. Ci sono pochissimi precedenti noti in tal senso: nell’antichità romana la regina d’Egitto era stata vista soprattutto come il «fatale monstrum» di Orazio, la minaccia portata a Roma e ad Augusto pacificatore con l’impudicizia, la seduzione e la corruzione, personaggio fortemente negativo, al quale solo la fermezza d’animo dimostrata nell’affrontare la morte ed evitare l’umiliazione della prigionia poteva portare un parziale riscatto in extremis. L’immagine negativa della regina lussuriosa era sostanzialmente rimasta anche nell’immaginario medioevale, da Dante a Boccaccio, e fu soltanto nel clima più libero e tollerante dell’inizio del Cinquecento che si assiste progressivamente ad un cambiamento di segno, ad una accentuazione posta da un lato sul destino tragico della donna, che comincia addirittura ad essere annoverata nelle serie delle eroine della storia, accanto a donne dall’esemplare moralità, come Lucrezia, Porzia e Sofonisba, dall’altra sul potenziale erotico della sua figura, così che dall’inizio del XVI secolo il personaggio viene prendendo una dimensione diversa, dapprima piuttosto ambigua: esempio memorabile almeno per una sicura virtù, la fermezza d’animo, ma nello stesso tempo solleticante immagine di sensualità che diventa nel corso del secolo sempre più esplicitamente erotica. È solo da allora che Cleopatra comincia ad essere rappresentata con una certa frequenza in pittura come figura isolata, raffigurata sempre nel momento ‘eroico’ del suicidio, di cui si afferma l’iconografia— non giustificata dalle fonti antiche — del corpo nudo esposto e del morso sul seno scoperto, che aggiunge alla carica erotica del corpo nudo il brivido di Thanatos, e che avrà una lunga fortuna nei secoli successivi.