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Rutilio Manetti (Siena 1571-1639)

San Girolamo penitente, 1630 circa
Olio su tela, cm. 120×89

Realizzato dal pittore senese in età matura questo dipinto raffigura San Girolamo penitente. Il santo, estremamente popolare, è circondato da numerosi volumi impilati e dai suoi attributi iconografici: la pietra e il teschio. L’ambiente non è facilmente riconoscibile, probabilmente ci troviamo all’esterno di una grotta dove il personaggio in questione è assorto in meditazione. Il volto, sfigurato dal dolore e dalle rughe, è rivolto in alto, come se fosse in colloquio con un’entità divina alla quale sta chiedendo perdono. Il teschio, simbolo di penitenza e memento mori è rappresentato con lucido realismo mentre il sasso trattenuto nella mano destra, con il quale si è appena percosso il petto sottintende forse ad un’autopunizione appena inflittasi. I libri sottintendono al fatto che Girolamo, Dottore della Chiesa e famoso latinista era un famoso traduttore e fra i suoi studi si ricordano la Vulgata, prima traduzione completa in lingua latina della Bibbia, la traduzione dei Vangeli e dell’Antico Testamento in ebraico. Il dipinto contiene tutte le predilezioni caravaggesche: il brillante manto rosso cremisi che avvolge il santo che illumina la parte sinistra del quadro, le filiformi pennellate di luce  fra i capelli, nei solchi delle rughe e sulle punte delle dita, la  naturale crudezza dell’espressione. la Fondazione Monte dei Paschi ha acquistato l’opera nel 2008 da una collezione privata.